donne e dee

l'uomo e la fanciulla

Nausica - Odissea VI 148-197
Traduzione d'autore (S. Quasimodo)

E sùbito le disse
soavi, accorte parole: "Ti supplico, o potente,
in ginocchio. Sei tu forse dea o mortale?
 Se alcuna delle dee tu sei del vasto cielo,
 per la bellezza del volto, e l'alta statura,
e l'armonia delle forme, tu mi sembri Artémide,
figlia del sommo Zeus: tanto le somigli.
 Ma se mortale tu sei che vive in terra,
tre volte beato il padre e la nobile madre,
e beati tre volte i fratelli. Certo il loro cuore
è tenero di gioia per te, freschissimo stelo,
quando muovi alla danza. Ma più di ogni altro,
felice nel cuore chi supera i rivali
coi doni di nozze e ti conduce con sé nella casa,
poi che i miei occhi non videro mai
creatura mortale, né uomo né donna,
simile a te, e stupore mi vince a guardarti.
Un giorno, in Delo, presso l'ara d'Apollo
così, come te, io vidi un giovane stelo di palma
levarsi in alto. Io fui anche là, con molta gente,
nel viaggio da cui mi vennero cupe sventure.
E come allora a vedere la palma rimasi stupito
a lungo nel cuore, perché mai albero uguale
venne sulla terra, così ora ti ammiro,
o donna, e stupisco, e non oso sfiorarti le ginocchia,
anche se grave è il mio tormento.
Ieri, dopo venti giorni, scampai dal livido mare:
per tutto quel tempo, senza tregua, le onde
e l'impeto delle procelle mi trascinarono
dall'isola di Ogigia; e qui mi gettò un nume,
perché anche su queste rive mi colga sventura.
Non credo finite le mie pene: altre ne pensano gli dèi.
Ma tu, o potente, abbi pietà: dopo tanti dolori,
tu sei la prima che incontro e non conosco alcuno
di quelli che abitano il luogo e la sua terra.
Indicami la città e dammi qualcosa per coprirmi,
se mai, venendo qui, avevi una tela da involgere i panni.
 E ti concedano gli dèi quanto desidera il tuo cuore:
uno sposo e una casa e leale concordia,
perché non c'è bene più forte e più valido
quando con armonia d'intenti l'uomo e la donna
reggono una casa. Ne hanno invidia i malvagi,
e gioia chi li ama; ma più loro sono felici".
 E a lui così rispose Nausicaa dalle braccia splendenti:
"O straniero, tu non sembri un uomo malvagio
o privo di senno: tu sai che Zeus Olimpio
dà, quando vuole, felicità agli uomini,
ai buoni e ai malvagi; a te diede dolori,
e dolori devi soffrire. Ora sei nella mia terra,
giungi alla mia città; e avrai certo una veste!
 e ogni cosa che ti occorre; come ogni povero
che viene implorando qui da noi.
E ti indicherò la città e il nome del suo popolo.
Là, e in tutta questa terra, vivono i Feaci,
e io sono la figlia del magnanimo Alcinoo
che regge il potere e la forza dei Feaci".

L'incontro con Nausica esercita un fascino delicato e realistico. La seduzione si attua con strumenti soprannaturali (il sogno di Atena) e umanissimi (il discorso di Odisseo alla fanciulla). Il ruolo del seduttore è questa volta di Odisseo ma, a ben vedere, anche la principessa rappresenta per l'eroe una tentazione umana : il potere regale. Sposando infatti la giovane, Odisseo vivrebbe potente e felice tra i Feaci ma, ancora una volta, rinuncerebbe ad una parte di sé, all'etica dell'eroe.

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